Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha emanato,a fine marzo, una circolare per vietare l’uso di simboli come asterischi e schwa nei documenti ufficiali delle scuole (leggi qui). Il motivo? Mantenere chiarezza e aderenza alla lingua italiana.

Verrebbe da dire: grazie, ma… era davvero questa l’urgenza?

Nel frattempo, nelle aule scolastiche manca personale, aumentano le disuguaglianze educative e le retribuzioni degli insegnanti restano tra le più basse d’Europa. Eppure, pare che il pericolo imminente fosse l’uso del simbolo * o della vocale ə.

Un falso problema costruito ad arte

Diciamocelo chiaramente: quello degli asterischi e dello schwa nei documenti pubblici è un falso problema. Non ho mai letto atti ufficiali della PA “farciti” di questi simboli. Chi lavora nella scuola, negli enti locali o nei ministeri lo sa benissimo: la burocrazia ha mille difetti, ma non certo quello di piegarsi alla grammatica sperimentale.

La verità è che si vuole costruire un nemico fittizio – il linguaggio inclusivo – per evitare di affrontare i problemi veri: dalla carenza di organico all’edilizia scolastica, dai contratti pubblici alle competenze digitali.

Una guerra ideologica contro l’inclusione

Sotto la retorica del “difendiamo la lingua italiana”, si nasconde spesso una resistenza culturale a tutto ciò che è nuovo, complesso, plurale. Non si tratta solo di grammatica: si tratta di paura del cambiamento, di chiusura verso forme di comunicazione più inclusive, di rigetto verso un’idea di società che riconosce la diversità anche nel linguaggio.

È chiaro: né lo schwa né l’asterisco sono la soluzione definitiva al problema dell’inclusività linguistica. Ma bandirli con una circolare ministeriale è più un gesto ideologico che amministrativo.

La PA avrebbe ben altro di cui occuparsi

Nel frattempo, la Pubblica Amministrazione, al netto dei numerosi esempi virtuosi sempre più diffusi in tutta Italia, dovrebbe essere spronata a occuparsi di migliorare la qualità dei suoi testi nel rispetto della chiarezza e della trasparenza che la legge 241/90 e il principio di buon andamento richiederebbero.

Se davvero ci interessa il linguaggio, iniziamo da lì: scrivere meglio, in modo più chiaro, più accessibile per i cittadini.

Chi lavora nella PA – e chi studia per entrarci – non dovrebbe indignarsi per uno schwa mai visto, ma promuovere atti scritti bene, determine chiare, bandi accessibili.

Meno schwa, più sostanza

Il ministro può anche vietare simboli che, nella realtà, nessuno usa nei documenti ufficiali. Ma così facendo non risolve e non migliora nulla.
Anzi, contribuisce a trasformare la Pubblica Amministrazione in un campo di battaglia ideologico, anziché in uno strumento al servizio del cittadino.

Abbiamo bisogno di una PA moderna, trasparente, capace. Il resto – con tutto il rispetto – è chiaramente fumo negli occhi.

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Domenico A. Di Renzo

Giurista, funzionario pubblico e autore.
Scrivo di attualità, politica, diritto, scrittura creativa, Pubblica Amministrazione. Scrivo poesie e racconti (soprattutto thriller) e tutto ciò che la mia mente - e la mia penna - mi suggeriscono. Sono inoltre autore di un corso di metrica per canzoni e, in qualità di docente esperto in diritto d'autore, tengo corsi per autori presso scuole di musica, in presenza e online.
Biografia completa qui.

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